Domenica della Parola – 24 gennaio 2021

In occasione della Domenica della Parola del 24 gennaio, alle ore 16,30 nella chiesa di S.Rita faremo la

LETTURA CONTINUA DEL VANGELO DI MARCO

Leggeremo senza interruzioni il testo del vangelo proposto per questo anno liturgico, fino al capitolo 13. Perché?

Perché il vangelo è un racconto di racconti. Abitualmente leggiamo i singoli racconti (pericopi), col rischio di non cogliere l’ampiezza e la profondità di tutto il racconto. Ci riserviamo di leggere la Passione in quaresima.

Per chi lo desidera offriamo una introduzione al vangelo di Marco, utile per prepararsi alla lettura di domenica

Introduzione al vangelo di Marco di Romano Penna

L'annuncio del vangelo ed i vangeli scritti

Se voi aprite i vangeli, trovate Matteo al primo posto e Marco al secondo posto. In realtà Marco viene ritenuto oggi come il più antico dei vangeli e quindi è colui che ha coniato anche un genere letterario nuovo, quello del vangelo scritto. Ricordiamo sempre che il termine vangelo, dal greco euagghelion, all'origine non significa uno scritto. Noi oggi, nel nostro linguaggio corrente, siamo abituati da tempo a pensare a Matteo, Marco, Luca e Giovanni quando sentiamo la parola vangelo, tanto più quando questa viene usata al plurale: vangeli. In realtà negli scritti del Nuovo Testamento più antichi, come sono le lettere di Paolo, il termine euagghelion esprime un annunzio che riguarda Gesù ovviamente, ma che verte sui momenti ultimi, supremi, della esistenza di Gesù: la morte e la resurrezione, dando di questi eventi l'interpretazione, come nel testo della prima lettera ai Corinzi 15,3-5, dove noi abbiamo la più antica confessione di fede: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anche io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è resuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e apparve a Cefa e quindi ai Dodici”. Questa è una confessione di fede veramente arcaica, che ci porta agli anni trenta del primo secolo. Quello è il vangelo, l'euagghelion. In seguito, in un secondo momento, questo centro riceve una estensione narrativa a parte, a partire sostanzialmente dal ministero pubblico di Gesù.

 

A che genere letterario appartiene il vangelo di Marco?

Marco dunque scrive per primo, comunque, questo genere di vangelo nel senso di un testo scritto. Fa questa composizione che è difficile etichettare proprio come genere letterario. Che cosa è un vangelo scritto? Non è una lettera, non è un trattato, non è una descrizione teorica. E' una narrazione. La cosa più evidente che si può dire è che siamo di fronte a una narrazione, un racconto dove c'è un protagonista chiaro e tondo, attorno a cui converge tutta l'attenzione. Ma è una biografia? Non come viene intesa oggi, ma neanche come veniva intesa nell'antichità, sia greca che romana. Il racconto comincia quando Gesù - Marco non lo dice, lo dirà il testo parallelo di Luca - è intorno ai trenta anni. Abbiamo questa narrazione che non dura molto, cioè non copre molta parte dell'arco della vita del protagonista. Certo non comincia con la nascita. Marco non comincia lì.

Tuttavia qualcosa di biografico c'è, perché si raccontano eventi, si riportano parole, qualche breve discorso. Insomma qualcosa di biografico c'è, ma - ripeto - è una biografia in un senso molto generico, anche perché gli episodi che vengono narrati sono collegati l'uno all'altro in modo fiacco. Non c'è una catena ben stretta in senso topografico, in senso cronologico. E' evidente che Marco affastella episodi e detti e li mette lì.

Ma esiste qualcosa che va anche oltre, perché è evidente che lo scrittore esprime l'atteggiamento di fede di una comunità che gli sta alle spalle. Alcune parole di Gesù sono adattate alle situazione nuove in cui la comunità credente viene a trovarsi dopo che Gesù e vissuto e dopo che Gesù ha pronunciato le sue parole.

 

La struttura portante del vangelo di Marco non è né cronologica, né geografica

Come imposta Marco il suo racconto? Nell'insieme della sua composizione il racconto della passione riceve un interesse del tutto speciale. C'è una vecchia definizione dei vangeli, che vale soprattutto per Marco, secondo cui il vangelo scritto sarebbe un racconto della passione, con una introduzione. E questo, per Marco, vale davvero. In Matteo e Luca l'introduzione si stende molto indietro, perché va alla nascita di Gesù.

Il racconto della passione in Marco concentra un’attenzione del tutto particolare. Soprattutto poi è un racconto che non indulge al miracoloso - non c'è nulla di prodigioso in quel racconto - il protagonista resta nella sua umanità più piena, senza trasfigurazioni. Questo per spiegare un po' il senso del rapporto esistente tra il racconto della passione e tutto il materiale precedente. Tra l'altro già a partire del capitolo 3,6 c'è un tentativo di far convergere tutto il racconto verso quell'episodio, quel momento supremo. Dice così: “I farisei uscirono subito con gli erodiani e tenero consiglio contro di lui per farlo morire”. Quindi già dall'inizio l'attenzione del lettore viene convogliata verso quel momento là.

Come struttura Marco il suo racconto? Marco imposta il suo racconto in modo tale da far vedere che Gesù comincia il suo ministero al nord, nella Galilea, poi scende giù a Gerusalemme, e a Gerusalemme muore. Viene a Gerusalemme per una Pasqua e lì muore. Dal capitolo 1 fino a tutto il capitolo 9, Gesù si trova nel nord. Col capitolo 10 si sposta a sud, e da 11 fino a 15 e inizio del 16 - l'ultimo capitolo - abbiamo il ministero di Gesù a Gerusalemme come racconto della passione e della morte. Quindi si potrebbe vedere anche in un semplice schema geografico, dalla Galilea alla Giudea. Il ministero pubblico è presentato con questo schema, ed è questa una cosa originale perché pone un problema, quello della durata della vita pubblica di Gesù. La vita pubblica di Gesù sembra essere durata un anno, perché Gesù è sceso a Gerusalemme per una Pasqua sola. Giovanni imposta le cose in una maniera molto diversa.

Si vede bene che Marco - e dietro di lui, Matteo e Luca - da un resoconto stilizzato della vita pubblica di Gesù, proprio secondo lo schema che è presente in quella predica di Pietro, nel capitolo 10 degli Atti degli Apostoli, in casa di Cornelio, dove si sintetizza tutto l'itinerario terreno di Gesù, a partire dalla Galilea fino alla Giudea, dove morì e resuscitò. Marco rimpolpa questo schema con una serie di episodi e di pronunciamenti, di azioni e predicazioni, di cose compiute e cose dette, ma la trafila è questa.

 

L'identità di Gesù struttura il vangelo di Marco

Ci si può chiedere se è possibile individuare un'altra struttura che Marco abbia dato alla sua composizione, e allora qui ci sono vari tentativi. Io ne propongo uno che è tutto centrato ovviamente sul protagonista, su Gesù, ma soprattutto sul tentativo di individuare l'identità del personaggio.

Distinguiamo nel vangelo tre sezioni, tre parti, di cui la prima va dal capitolo 1 al capitolo 6,13. In questa prima sessione c'è il problema dell'identità di Gesù. Qui si pongono degli interrogativi, e due sono molto evidenti. Uno è al capitolo 1, nella sinagoga di Cafarnao, quando l'indemoniato si rivolge a Gesù: “Che c'entri tu con noi, Gesù Nazareno?” Gesù lo esorcizza e al verso 27 si dice: “Tutti furono presi da timore al punto che si chiedevano: chi è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità”. Tra l'altro la dottrina non viene esposta. Qui non si dice che cosa Gesù abbia predicato, cosa abbia detto nella sinagoga, non si dice niente. Ma ecco l'interrogativo: “Chi è mai questo?” Quindi l'entrata del protagonista suscita, come minimo, una curiosità, una curiosità molto forte, visto ciò che si è verificato. Il verso 4,41 dice (sono i discepoli che si interrogano l'un l'altro): “Chi è dunque costui al quale anche il vento e il mare ubbidiscono?”. Poi abbiamo ancora, al capitolo 6, Gesù a Nazareth, l'interrogativo dei compaesani: “Donde gli vengono queste cose? Che sapienza è mai questa? E questi prodigi? Non è costui il carpentiere?” E' questo interrogativo sulla identità di Gesù che occupa questa prima sezione.

 

La seconda sezione, l'identità di Gesù allo scoperto, Gesù Messia, Figlio dell'Uomo e Figlio di Dio

Una seconda sezione va dal capitolo 6,14 al capitolo 10,52; ed è la sezione centrale in cui la identità di Gesù viene allo scoperto. A partire di 6,14 si danno alcune definizioni di Gesù: “Il re Erode, sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: Giovanni Battista è risuscitato dai morti. Altri dicevano: è Elia. Altri dicevano ancora: è un profeta, è come uno dei profeti”. Questi erano i primi tentativi, che poi vengono ripresi da Pietro nel capitolo 8 a Cesarea di Filippo in risposta alla domanda di Gesù: “Chi dice la gente che io sia?”, ed ecco di nuovo queste varie sentenze. “Ma voi chi dite che io sia?” Qui entriamo nella sezione centrale della parte mediana del vangelo, quella in cui viene rivelata l'identità del protagonista. Va dal capitolo 8,27 al capitolo 9,13. In questa pagina centrale abbiamo una triplice identificazione di Gesù. Gesù viene identificato tre volte: Cristo, Figlio dell’uomo, Figlio amato. Vediamole in modo breve. La prima è di Pietro al verso 29: “Tu sei il Cristo”. Segue subito una seconda definizione nel verso 31 e seguenti: “E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'Uomo doveva molto soffrire”. La terza definizione si trova nell'episodio che segue all'inizio del capitolo 9 cioè nella Trasfigurazione c'è una voce dal cielo: “Questi è il mio figlio amato, ascoltatelo!”.

 

La terza sezione, il ministero di Gesù a Gerusalemme.

La terza parte del vangelo va dal capitolo 11 alla fine. E' il ministero a Gerusalemme. Abbiamo alcune controversie con i farisei, con il discorso escatologico del capitolo 13 (questa è una vera unità letteraria in sé conclusa) e il lungo racconto della passione, capitoli 14 e 15, con la finale del capitolo 15, cioè con il centurione che ai piedi della croce confessa l'identità di Gesù, come Figlio di Dio. Questo ci da modo di dire una parola su una caratteristica tematica del vangelo di Marco, cioè il paradosso esistente tra rivelazione e incomprensione, perché questa confessione di fede del centurione è la confessione di fede di un estraneo. I discepoli di Gesù mai hanno fatto una confessione di fede nella quale finalmente Gesù potessi riconoscersi. Mai! I discepoli intimi non lo capiscono, non fanno mai una confessione di fede a parte questa di Pietro, che è problematica. Non solo, alla fine del capitolo 14, quando c'è l'arresto nell'orto degli ulivi, Marco annota impietosamente: “Tutti, abbandonatolo, fuggirono”. Tutti, proprio quelli con cui aveva celebrato l'ultima cena. Persino le donne al sepolcro, alla fine del capitolo 16, hanno paura e dopo l'apparizione dell'angelo che le invita a dire, a portare il messaggio, loro se ne vanno impaurite e non dicono niente a nessuno. Il vangelo finisce lì, praticamente.

Chi lo capisce gli è nemico. Sono i demoni che una volta gli dicono: “Tu sei il santo di Dio”. Un'altra volta gli dicono: “Tu sei il figlio di Dio”. Oppure è un estraneo, come è il centurione ai piedi della croce.

Questo è il paradosso di Marco. E' stato definito “il vangelo delle epifanie segrete”, delle manifestazioni non capite. Forse è per questo che Marco finisce il suo vangelo al capitolo 16, primi 8 versetti, sul silenzio delle donne, perché poi quello che viene dopo - capitolo 16,9-20 - è stata aggiunta dopo. E' una sintesi delle apparizioni. Ma il vangelo, nella sua forma originaria, finisce al verso 8, quando le donne fuggirono dal sepolcro, piene di timore, di spavento e non dissero niente a nessuno, perché ebbero paura.

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